Scuole chiuse, didattica aperta

Improvvisamente parenti, amici e conoscenti mi dicono "ah, ecco di cosa ti occupavi". Intendono l'eLearning e la formazione a distanza e sottintendono che forse facevo qualcosa di utile.
Formazione a distanza era un termine che non sentivo da tanto tempo ma che in questi tempi di coronavirus è venuto prepotentemente alla ribalta; ne parlava l'altro ieri anche la panettiera.

Ero partito proprio da qui, dall'ODL o Open Distance Learning: Formazione aperta e a distanza. Era il 1995 quando presentammo come scuola, ITSOS Marie Curie di Cernusco sul Naviglio, il progetto SOFIA che si proponeva di introdurre nella scuola percorsi flessibili e aperti integrando la formazione in presenza - che per una scuola è l'elemento ordinario tranne in questo momento eccezionale - con elementi della formazione a distanza.
Questo era il logo: un computer desktop con un monitor a raggi catodici e con un cavo di rete (la S di Sofia); sul monitor un libro. Era il 1995, appunto. Oggi ci avremmo messo uno smartphone con un video.


Il focus non era sulla distanza ma sull'integrazione tra il lavoro in classe e quello a casa, con materiali didattici che gli studenti potessero utilizzare anytime-anywhere.
Nel logo il libro era sul monitor del computer, ma abbiamo prodotto anche pile di materiali cartacei.

E' con progetti successivi - Sofi@net, SIR2, SOLE, BiTESLOOP, Sloop2desc - che ci siamo decisamente spostati verso l'eLearning o didattica in rete. Didattica in rete che abbiamo sempre pensato non come distribuzione di testi, pagine web, video, ma come interazione con gli studenti. Il software che usavamo - prima di effettuare nel 2005 il passaggio a Moodle - era FirstClass, un ambiente nato per le BBS, per gestire forum di discussione che noi piegavamo a diventare classi virtuali, luogo di interazione asincrona ma continuativa fra docenti e studenti e degli studenti tra loro.

Nei primi anni 2000 per ogni mia classe avevo un ambiente online organizzato in tanti diversi forum in cui proponevo attività agli studenti, inserivo "contenuti", assegnavo, ritiravo e correggevo i compiti, interagivo con gli studenti. Lo usavamo di frequente mentre eravamo fisicamente tutti insieme in aula e lo usavamo al di fuori dell'orario di lezione.
Scrivevo, in questo articolo presentato all'EXPO eLearning di Ferrara, nel 2005: "Sabato pomeriggio, sono intento a spedire una prenotazione per le vacanze ed ecco la chiamata in chat: “Prof, ha corretto le verifiche? Oppure, 11.30 di sera, Marzia, 3ª M, che venerdì pomeriggio in tre ore di laboratorio mi ha rivolto una domanda soltanto – peraltro non di merito: “posso andare in bagno?” - ha improvvisamente bisogno di consultarmi:“Prof, rispetto all’esercitazione … lei mi ha corretto …”.

Se l'emergenza coronavirus si fosse verificata allora, sarei stato pronto a continuare l'attività didattica online. Del resto ogni tanto mi capitava di assentarmi, per partecipare a qualche meeting di progetto europeo, e lasciavo le indicazioni per il supplente: "falli collegare, trovano online le indicazioni su cosa devono fare".
Sarei stato pronto: avevo gli strumenti, avevo già i materiali didattici (li arricchivo ogni anno ma riutilizzavo gran parte di quanto avevo preparato negli anni precedenti) e, soprattutto, erano pronti e abituati i miei studenti.
Sarei stato pronto io come, per fortuna, erano adesso pronte collettivamente tante scuole e individualmente tanti colleghi che in questi giorni supportano altri colleghi che scoprono, alcuni per la prima volta, le potenzialità didattiche della rete.
Ci sono un'esperienza ultra-ventennale di tanti e quella più recente ma più diffusa del PNSD alla base della capacità di tante scuole di organizzare una risposta pronta all'emergenza.


Speriamo tutti che le scuole possano riaprire presto e che gli studenti e gli insegnanti possano ritrovarsi faccia a faccia. Ma non archiviamo quanto si sta facendo in questi giorni. Per questo preferisco il termine "didattica aperta" a quello "didattica a distanza". Perché la didattica aperta sviluppa i suoi effetti positivi anche quando gli edifici sono aperti.
La rete permette di integrare quanto si fa in classe con quanto si fa a casa, di ampliare l'interazione didattica oltre l'orario di lezione, di dare flessibilità ai percorsi perché ogni studente ne ricavi quanto gli serve, di rispondere al problema degli assenti per malattia e a quello del recupero (durante l'anno ed estivo).
Chissà se tra tanti effetti negativi il coronavirus ne lascerà, nella scuola, uno positivo: il ripensare i tempi e le forme della didattica.

Commenti

Post popolari in questo blog

La pacchia è finita

LifeComp: il framework delle competenze personali, sociali e di imparare a imparare

Bricks marzo 2023: Percorsi didattici di educazione civica e su Agenda 2030